Descrizione
Da sabato 7 a domenica 22 giugno dalle ore 17:30 alle ore 19:30 all’Associazione Culturale Galleria Papini, si terrà l’inaugurazione della mostra “Il respiro dell’Asia” di Jolanda Brunetti.
Descrizione
Il termine “collezione” deriva etimologicamente dal latino colligere, ovvero raccogliere.
Fin dall’antichità il collezionismo è stato infatti figlio di quella volontà di “raccogliere”, isolare e conservare un oggetto dal resto del mondo.
Fu proprio grazie a queste passioni che molti aristocratici e intellettuali, nel corso del tardo medioevo e della prima età moderna, iniziarono a collezionare oggetti curiosi, spesso antichi, attribuendo loro un profondo significato etico e spirituale.
Per proteggerli, costruirono dei veri e propri “scrigni” di bellezza, spazi intimi e riservati nei quali poter trascorrere parte del loro tempo insieme a quegli oggetti spesso raccolti nel corso di lunghi viaggi.
Fu così che nacque il concetto di studiolo, proiezione moderna dello scriptorium d’età classica, luogo nel quale gli oggetti, custoditi e isolati dal mondo esterno, acquistavano una forte connotazione evocativa, capace di creare un ponte fra presente e passato.
Gli oggetti della collezione divenivano così semiofori, ovvero portatori di un significato capace di raccontare la vita e la passione di un collezionista.
Questo stesso principio vale per la collezione di Jolanda Brunetti, per entrare all’interno della sua casa e della sua collezione significa entrare nella sua vita e nei suoi ricordi più preziosi.
Nata a Roma ma subito trasferitasi ad Ancona, Jolanda Brunetti ha ricoperto per decenni prestigiosi e importanti ruoli diplomatici in giro per il mondo per conto del Ministero degli Esteri, fra cui quello di secondo segretario presso l’ambasciata italiana in Malesia, console aggiunto a New York, ambasciatore in Birmania, Uzbekistan e Ucraina e infine coordinatore della riforma di giustizia in Afghanistan.
Ogni oggetto che compone questa affascinante e personale raccolta di opere d’arte orientale ci racconta infatti la storia di una donna forte e autorevole, sensibile e raffinata, preziosa custode della sua memoria e degli importanti traguardi raggiunti nel corso dei suoi lunghi viaggi.
Visitare questa mostra significa quindi viaggiare nel tempo e nella vita di questa collezionista e, per farlo, non si può che intraprendere un lungo viaggio che ha come meta l’Oriente.
La prima parte di questo viaggio ci conduce in Malesia, luogo dove Jolanda Brunetti giunse nel 1969, poiché in questo luogo coesistevano al tempo tre diversi gruppi etnici, quello malese, quello indiano e quello cinese, la collezione Brunetti racchiude in sé tre testimonianze artistiche di queste grandi famiglie culturali: a quella malese appartengono due curiosi quadri, fra cui quello raffigurante tre fanciulle realizzato in batìk secondo un’antica arte indigena giavanese utilizzata per colorare i tessuti.
Alla famiglia indiana appartengono invece due quadri che portano con sé cromatismi orientali insoliti che ci consentono di vedere da vicino i profondi influssi che quella tipologia di arte ha suscitato in alcuni grandi pittori della contemporaneità.
Alla terza famiglia, quella cinese, appartengono infine due quadri particolarmente significativi realizzati dal pittore sino-malese Lee Joo For: uno in cui la scomposizione e destrutturazione degli oggetti porta con sé echi della pittura europea del secondo dopoguerra, mentre l’altro è in qualche modo il manifesto di questa collezione, poiché rappresenta il volto della collezionista ripetuto e ripetuto in un continuum cromatico senza tempo che diventa affermazione e testimonianza del suo gusto collezionistico.
La seconda parte di questo viaggio ci conduce in Birmania, luogo dove Jolanda Brunetti giunse come ambasciatore nel 1980.
Del pittore birmano Kew Moe Tah troviamo un pregevole Venditore di uccelli mentre non può che colpire l’osservatore una bellissima scena di maternità orientale in cui la tenerezza dei volti e l’essenzialità delle forme si sposano perfettamente con il nero della notte.
Della millenaria tradizione buddista birmana si fanno poi simboli due preziose sculture: l’una che rappresenta il Buddha e l’altra l’albero all’ombra del quale egli giunse all’illuminazione.
La terza e ultima parte di questo viaggio ci porta infine in Uzbekistan, luogo dove Jolanda Brunetti arrivò nel 1995.
Il simbolo di questo viaggio è rappresentato da un affascinante paesaggio uzbeko in cui è raffigurato il luogo in cui riposano alcuni familiari del celebre condottiero Tamerlano.
Il sole al tramonto e il colore blu del cielo conferiscono a questo paesaggio un sapore tipicamente orientale che lascia intravedere le bellezze di una cultura così lontana e remota e, forse proprio per questo, così attrattiva.
L’ultimo dipinto, che chiude simbolicamente questo nostro viaggio, è invece un’opera realizzata da una pittrice del Tagikistan che appartiene al socio-realismo sovietico, nella quale viene raffigurata una donna che indossa un tipico abito tagiko seduta su un divano mentre, alle sue spalle, viene rappresentata un’orchestra sinfonica.
Osservare questa collezione da vicino ci consente quindi di toccare con mano una dimensione artistica sì lontana ma non così estranea, di percepire il gusto collezionistico di una donna che ha saputo raccogliere preziose testimonianze dei suoi lunghi viaggi in giro per il mondo e delle sue intense esperienze di vita.
A chi è rivolto
A tutta la cittadinanza.
Date e orari
07 giu
22
giu
Costo
Gratuito
Luogo
Punti di contatto
Ultimo aggiornamento: 13 giugno 2025, 10:37